domenica 9 novembre 2008

L'Alzheimer visto da Paco Roca: "Rughe"

“Rughe” dell’autore spagnolo Paco Roca è un pugno in faccia a tutti quanti ritengono che il fumetto sia una cosa per bambini, un passatempo per ragazzi deviati cresciuti male, uno sterile passatempo per nullafacenti.
L’ultima opera dell’autore spagnolo, vincitrice di importanti riconoscimenti sia al Salone del fumetto di Barcellona che alla recente Lucca Comics, è una delle tante dimostrazioni di quanto ignorante sia gran parte della gente (anche famosa) che in tv o su quotidiani e riviste sparla dei fumetti, sbilanciandosi in incresciose elucubrazioni ed elargendo critiche gratuite e senza fondamento a questo fantastico medium espressivo, critiche che non dimostrano altro se non la loro inclinazione a parlare di argomenti che evidentemente non conoscono minimamente.

“Rughe” è una piccola perla.
Roca con una semplicità disarmante riesce a realizzare un’ opera coinvolgente, che fa riflettere, che catapulta il lettore all’interno della storia mettendolo di fronte a sé stesso, nudo, senza giustificazioni, senza maschere.
Per farlo compie una scelta alquanto impopolare.
“Gli eroi son tutti giovani e belli”… ed infatti i protagonisti del libro sono tutti dei vecchi con i migliori anni della vita ormai alle spalle ed il capolinea all’orizzonte.
Il grande pubblico ama l’avventura, i personaggi forti e determinati che si lanciano in imprese titaniche, i personaggi che “succhiano il midollo della vita”, quelli che hanno comportamenti eversivi, i “dannati” che non si conformano alle regole della società.
Non troverete nulla di tutto ciò in Rughe.

I protagonisti sono stati parcheggiati dai propri parenti in una casa di riposo dove possano essere fornite loro “le migliori cure”. Spesso tutte queste buone intenzioni, “lo facciamo per il tuo bene”, non sono poi così evidenti e l’allontanamento risulta più che altro un non voler vedere, un esaurimento di pazienza, una mancanza di tempo, un abbandono. Lo si vede anche dalle poche visite che molti dei vecchietti della casa di cure ricevono, producendo in questi una malcelata tristezza nascosta dietro a timidi tentativi di auto-convicimento “non importa se vengono o meno”, “non voglio essere un peso per loro”.

Il personaggio principale è Emilio. Ci viene subito sbattuta in faccia la sua situazione nelle due pagine iniziali del fumetto: Emilio, direttore di una banca, sta parlando con una giovane coppia a cui non intende concedere un prestito vista la loro precaria condizione economica… ma… c’è qualcosa che non va, il ragazzo dice cose strane… dopo un po’ Emilio si rende finalmente conto di non essere dietro alla scrivania del suo ufficio ma a letto, di fronte a suo figlio e sua nuora che tentano di fargli mangiare la cena.

In due pagine emerge con forza tutta la straordinaria potenza espressiva del fumetto, in due pagine puoi già dire tutto, puoi far capire qualsiasi cosa al lettore.

Emilio viene dunque portato in questa casa per anziani, dove fa la conoscenza dei vari “inquilini” e viene a contatto con le persone più disparate.
E’ ancora abbastanza lucido per sentirsi in una posizione privilegiata di fronte a tanti dei suoi nuovi “amici”, si rende conto che c’è gente messa molto male, si stupisce che lì dentro non si faccia altro che dormire, pensa che stia soltanto perdendo qualche colpo come normale per uno della sua età.
L’umanità presente è la più disparata: c’è il suo compagno di stanza, sicuramente quello messo meglio, che sembra un po’ farabutto (chi leggerà il fumetto saprà se è realmente così), che spilla soldi agli altri e si lamenta della monotonia di quella non-vita. C’è una signora che vaga ogni giorno nei corridoi e tenta di arrivare alla reception per telefonare ai suoi figli, salvo poi scordarsi puntualmente cosa ci è andata fare una volta giunta a destinazione. C’è un ex conduttore radiofonico che non riesce a fare altro che ripetere quello che sente come un pappagallo. Un’altra signora che ha paura di restare sola e di essere così rapita dagli alieni, un’altra ancora che ruba dalla mensa bustine di ketchup, tea, salse, etc etc che ai suoi occhi sembrano preziosissimi tesori da donare al nipote non appena le farà visita, c’è poi la signora che guarda sempre dalla finestra pensando di viaggiare sull’orient express diretto a Istanbul, un vecchio sordo e sporcaccione, una vecchia che non riconosce più il marito che viene a trovarla ogni giorno ed è convinta di essere sposata con un altro ospite della casa di cure, c’è una tenera coppia formata da un anziano malato di Alzheimer in stato avanzato e dalla moglie che si prende amorevolmente cura di lui, c’è un vecchio convinto di essere ancora un soldato, un altro che parla solo della sua vecchia medaglia vinta ai campionati di atletica.

Tutti hanno le loro storie, tutti in passato hanno vissuto i loro fasti, tutti probabilmente non avrebbero mai immaginato di ritrovarsi in quella situazione. Quando si è giovani non ci si pensa, non ci si vuole pensare, si ha paura di immaginare un futuro così.

Ma hanno ancora una consolazione, loro sono al piano terra della clinica in questione. Anche se non sono più in forma, se la loro vita è scandita solamente dai pasti e dall’ora delle medicine, se tutto il tempo restante lo impiegano dormendo, loro riescono ancora a muoversi per conto proprio, sono abbastanza lucidi per svolgere almeno le azioni più elementari. La scala che porta al primo piano è un po’ il terrore di tutti. Si sa che una volta attraversata non si torna più indietro, si sa che lassù c’è qualcosa da temere anche più della morte. Al piano superiore c’è infatti il reparto per gli “assistiti”, per coloro che non sanno più prendersi cura di sé stessi, che non riescono a mangiare, a vestirsi, a fare un discorso.

Emilio piano piano peggiora sempre più. E’ malato di Alzheimer, la coscienza di ciò e la paura di fare la fine dell’esempio che ha sotto gli occhi ogni giorno probabilmente lo terrorizzano. La sua parabola discendente è però irrefrenabile. Viviamo assieme a lui i peggioramenti, si inizia col non riconoscere una palla, poi con lo svegliarsi nel cuore della notte per radersi ed andare al lavoro, poi con il vestirsi con abiti invertiti (maglione sopra la giacca) e rovesciati, poi ci si scorda il nome di chi ti sta vicino, si dimentica il nome di tutte le cose finchè è tutto una tavola bianca.

Il fumetto però non è triste. Certo il tema trattato non è allegro, ma il tutto viene presentato in maniera intelligente, non si insiste troppo, non si accentuano le situazioni, non si fanno commenti moralisti, si rappresenta semplicemente tutto com’è, prendendosi il gusto di dare un’opinione con la sola forza delle immagini, con un’ espressione dei volti, con un gesto elementare. Non si scade assolutamente nel patetico insomma.
Roca affronta un tema delicato come la malattia da Alzheimer con arguzia e perizia, alcune immagini fanno quasi sorridere nella loro dolcezza, seppure ci si trovi di fronte al dramma di un uomo che sta perdendo tutto.
Fanno tenerezza i tentativi di Michele ed Emilio di ingannare infermieri e medici, le provano tutte per cercare di sembrare ancora abbastanza in forma da evitare il temuto trasferimento al piano superiore. Come non commuoversi, appassionarsi, emozionarsi, divertirsi con loro nella loro goffa fuga dalla clinica, nel loro estremo tentativo di sentirsi vivi, di rifiutare il destino che hanno in sorte, di fare qualcosa che non ci si aspetta da loro, di dimostrare a tutti la loro dignità di persone, la loro forza interiore che sarebbe d’esempio a tanti giovani nel pieno del loro vigore.

Consiglio a tutti la lettura di questo libro (per scoprire anche il messaggio positivo finale!), non solo agli appassionati di fumetti. E’ una di quelle opere che fanno riflettere, che indagano su aspetti che cerchiamo sempre di trascurare giustificandoci con le più banali delle scuse, un fumetto che non può lasciare indifferenti.

Chiudo con un saluto al simpaticissimo Paco Roca che ho avuto l’opportunità di conoscere a Lucca: persona cordiale e disponibile, oltre che autore molto dotato.

PS: riporto quanto scritto sulla copertina del libro: "La mente di alcuni uomini è simile a una biblioteca nella quale i libri si accastano in montagne di carta ingiallita, popolata di sogni e di fantasie. Il logorio di tutta una vita li ricopre di rughe, e alcuni vedono le lettere delle loro pagine dissolversi, foglio dopo foglio, finchè diventano completamente bianche. Malgrado questo, le più intense emozioni sopravvivono, preservate come un tesoro nascosto in un'isola lontana".

Dimenticavo... Pubblicato da Tunuè, prezzo 12.50 euro.Un po' più di un centinaio di pagine, a colori, carta patinata.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

che figata l'hai preso?
a natale me lo mostri!

PuSkia ha detto...

sìsì preso direttamente dalle mani dell'autore :)
un giorno dovrai passare a casa mia che ti mostro la mia biblioteca :D