martedì 25 novembre 2008

Léon e Mathilda: un tragico intreccio d'amore


"Léon è un killer, un sicario a pagamento della peggior specie, introvabile e indistruttibile, fin quando un topolino penetra nel suo universo: un topo piccolo con gli occhi immensi della dodicenne Matilde. A parte J. Reno, per il quale il film è stato scritto su misura, la piccola N. Portman è la rivelazione del film. È la bizzarra, perversa e onesta storia d'amore tra una dodicenne e un sicario. Amore senza sesso. Lui, l'adulto bambino, la istruisce a uccidere; lei, la bambina adulta, gli insegna a vivere. L. Besson è un manierista, ma sa prendere i suoi rischi: il suo è un cinema d'azione che non esclude, però, né una strenua attenzione alla psicologia né la cura puntigliosa dei personaggi. Notevoli G. Oldman e D. Aiello." (da mymovies)

Ho amato pochi film come Léon.
Questa favola metropolitana dolce e spietata riassume in due ore e mezza uno sterminato universo di emozioni, racchiude il variegato ed insondabile panorama dei sentimenti umani, dandone un affresco quanto mai realistico, crudele e tenero allo stesso tempo.
I protagonisti di questa tragedia d’amore ambientata nei bassifondi di New York sono Léon, il più abile tra i sicari della mala, capace di uccidere qualunque obiettivo gli venga segnalato, e Mathilda, una dodicenne peperina e smaliziata cresciuta in un contesto familiare sgradevole, con un padre violento ed una madre menefreghista.
Léon è un tipo cupo, solitario, fuori dal mondo. L’unica sua compagna è la piantina che cura con un amore esasperato ed il solo lavoro che sa fare sono “le pulizie”. Non ha interesse per i soldi, non ha ambizioni né speranze, ma paradossalmente è un uomo di sani principi, si impone lui stesso delle regole che stridono con il suo ruolo di killer senza scrupoli (“mai donne né bambini”).
Mathilda invece è una ragazzina sveglia, attiva, che vuole evadere dal contesto degradante e spersonalizzante in cui vive, vuole crescere subito, vuole reagire all’oppressione di cui è sempre stata vittima.
I destini dei due finiranno per intrecciarsi, diventeranno una coppia inscindibile, il loro legame pieno di contraddizioni non può non colpire lo spettatore, non può non coinvolgerlo. Lèon insegnerà a Mathilda la sua professione ma allo stesso tempo la piccola bimba lo istruirà sulla vita, gli schiuderà orizzonti mai nemmeno immaginati, lo farà uscire dal torpore in cui si era richiuso.
La loro storia d’amore è dolce, platonica ed impossibile ma non per questo meno vivace, frizzante, struggente.
Ma il film non si limita a questo. Non si scade mai nel melenso, a momenti di una tenerezza infinita si alternano scene d’azione dinamiche ed energiche.
I due non sono immersi in universo a sé stante, ma vivono nella squallida quotidianità di una realtà sporca e degradata com’è quella dei bassifondi metropolitani newyorchesi. I valori qui spesso sono invertiti, come la parabola dei protagonisti lo potrà dimostrare: il sicario qui veste i panni del buono, sono i poliziotti che sono i veri corrotti, il manifesto del male, sono loro che impersonificano i valori distorti del mondo d’oggi: lo psicotico, drogato, allucinato Stanfield ne è un’icona indimenticabile, magistrale sono tutti i punti di vista.
La sequenza finale resta una delle pagine più belle del cinema: (chi non lo avesse visto non legga oltre!) un Léon che ha superato mille difficoltà, ha combattuto contro tutti i reparti della polizia possibili immaginabili, ha trovato il modo per farla franca. Vestito da poliziotto sta per uscire dal suo condominio, dove si era asserragliato. Ormai è fatta, ha il cuore colmo di speranza, vede l’uscita, non c’è più nessuno. Ed all’improvviso la telecamera ci inonda con ciò che lui stesso vede, siamo catapultati nel film in prima persona, siamo noi Léon. La porta, la salvezza, la libertà, l’amore, la vita, Mathilda, tutto è lì a due passi. Ed ecco la porta distorcersi, la nostra visione viene ballonzolata di qua e di là, non è più possibile raggiungere nulla. Siamo a terra, Lèon non ha fatto i conti con la furbizia e la spietatezza del suo antagonista, che lo aspettava, che aveva intuito, che gli piazza una pallottola in testa. Ma Léon non se ne andrà così e chi ha visto il film sa che la sua uscita di scena è degna di lui.
Ho amato pochi film come Léon. E non smetterò mai d’amarlo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

léon è un capolavoro!!!
straordinaria l'interpretazioe della portman a quell'età!
come anche quella del poliziotto-pazzo-drogato...

Anonimo ha detto...

Ciao, sono Gegio di http://iltorneodeifilm.wordpress.com/
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